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Mario Calabresi: “Una macchina per raccontare la realtà che cambia”

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Mario Calabresi - SatCafé“la Web Car de La Stampa, perché col satellite puoi mostrare il mondo in diretta”

Questo il titolo che il direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi, ha dato all’operazione Web Car che lui stesso ha tenuto a battesimo durante la mostra internazionale del cinema di Venezia 2013.

Ecco l’intervista di SatCafé

Direttore, qual è il valore di questa novità per La Stampa?
“La Web Car per noi è stata una vera rivoluzione. Ed è anche il classico elemento che permette di cambiare il paradigma giornalistico. Da molto tempo pensavamo che si dovesse essere maggior- mente presenti sui luoghi dove accadono le notizie, in nome del giornalismo multimediale. Così avevamo pensato la soluzione più semplice: fornire ai giornalisti strumenti multimediali, come dei telefoni, capaci di realizzare dei buoni filmati. La cosa funzionava, ma non era sufficientemente forte da far cambiare il paradigma”.

E adesso è arrivata la Web Car…
“La proposta che ci è arrivata da Eutelsat Italia di questa macchina che ha possibilità di realizzare le dirette via satellite, è talmente forte – e direi anche piacevolmente divertente – da essere diventata un volano per l’intera redazione che ora si sente stimolata al massimo. E’ stato contagioso e virale: tutti si chiedono come utilizzarla al meglio, dove poter andare, come riuscire a fare il salto di qualità, quale possa essere il punto di incontro tra l’innovazione tecnologica e il nostro giornalismo. Perciò, penso che la macchina sia diventata un traino per rendere il nostro giornalismo più multimediale”.

Per che cosa utilizzerete la Web Car? Quali sono le sue direttive a riguardo?
“Io non lo so per che cosa la useremo. Nel senso che se lo sapessi vorrebbe dire che abbiamo sbagliato, vorrebbe dire che noi programmiamo degli eventi freddi. Invece il giornalismo non è così. Io non so quale sarà il titolo di domani. So che bisogna essere pronti mentalmente. La Web Car è una macchina. E noi dobbiamo essere pronti a tenerla continuamente in movimento e a cogliere le occasioni che ci sono. Bisogna andare, raccontare, essere presenti sui luoghi. E bisogna anche mostrare la macchina. Perché questo è anche un oggetto che racconta un progetto giornalistico”.

E qual è il vostro progetto giornalistico alla luce di La Stampa Tv e Medialab?
“C’è un gigantesco problema che riguarda tutta l’informazione nel mondo. Oggi il 50% di chi naviga in tutto il pianeta passa almeno una volta al giorno su un sito di informazione tradizionale. Questa è una grandissima notizia perché vuol dire che ancora vincono i brand tradizionali. L’altra notizia, però, è che il tempo totale passato sui siti di informazione nel mondo è pari solo all’1% del totale del tempo totale passato su Internet. Quindi è un tempo bassissimo. Allora l’obiettivo è di tenere le persone ed è di ingaggiare e di conquistare la loro attenzione. In questo quadro Medialab è proprio il luogo dove noi prendiamo la tradizione del giornalismo e la aggiorniamo con le tecnologie e i nuovi sistemi per raccontarla”.

Come fare?
“Tutti si interrogano su come fare. C’è chi pensa di inserire delle novità, come delle fiction o delle sit com, per attirare l’attenzione. Io non penso che questo sia il nostro core business. Ognuno deve fare ciò che è nel proprio DNA. Per questo motivo ritengo che noi dobbiamo trovare nuove forme per raccontare e sviluppare il giornalismo. E penso che questa macchina lo permetta”.

Il giornalista che si trasforma in producer e che diventa capace ‘di fare di tutto’. E’ questa la svolta?
“Bisogna fare cadere una barriera. Il giornalismo non è di carta, della Tv, del Web. Il giornalismo è un modo di raccontare. La mia idea è che chi lavora per La Stampa deve impegnarsi a fare un giornalismo di qualità secondo alcuni criteri definiti. Carta o tablet, il mezzo di distribuzione diventa secondario. L’importante è mettere a fuoco il messaggio. Oggi parlare davanti ad una telecamera o utilizzare un telefonino per testimoniare e integrare il racconto rappresenta una estensione del modo di fare il giornale”.

In questo camino vi sareste aspettati di incontrare il satellite?
“Noi non avevamo mai immaginato che il satellite avesse potuto aiutarci. Fino a prima di conosce- re questa esperienza, per noi, come per la maggior parte di chi fa giornalismo ‘tradizionale’, l’idea di poter utilizzare il satellite era considerata proibitiva. Pensavamo che fosse una prerogativa esclusiva dei grandi network televisivi. Avere scoperto che il satellite può essere a basso costo, fruibile in modo veloce, senza dovere prenotare la banda con giorni di anticipo, è davvero una grande rivoluzione”.

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